“Tu saresti capace di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella? Riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché è la tua fedeltà a farla diventare infinita. Ne saresti capace?”

12 Luglio 2017, un Mercoledì diverso

Suite #58 – Hotel ME Milan Il Duca, piazza della Repubblica 13

Quattro.
Sempre noi quattro.
In giro. Seduti. Su treni, aerei, navi.
A Milano, o in qualsiasi altro posto. Siamo sempre in quattro.
C’è Vittorio, con quell’andamento perennemente stanco, affaticato. La schiena ricurva. Lo sguardo spietato.
C’è Giulia, da sempre unica donna del quartetto. Bellissima, nel suo procace pallido candore, le labbra rosse, i capelli corvini. Contesa da tutti noi da sempre. Povera, santa Giulia.
C’è Riccardo, riccioluto e brizzolato, un beffardo sorriso dipinto sul volto, accada quel che accada.
E poi ci sono Io. Marcello. In giacca e cravatta nere.
Scarpe lucide, come il cappello nero a tesa larga. La nostra armatura, Giulia esclusa.

A

È sera, sul Naviglio Pavese. I tacchi vertiginosi hanno tenuto Giulia un po’ indietro.
Dice che il nostro profumo si sente forte, triplicato, anche a venti metri di distanza.
Come sempre del resto: è il nostro tratto distintivo, di cui più siamo orgogliosi. Una ricetta segreta, antica, di un maestro artigiano amico di Vittorio. Ci regalò la fragranza dell’amicizia eterna tanto tempo fa, agli inizi di tutto.
Rispondo a Giulia di recriminare in modo più originale. E di non mostrare la sua gelosia per il nostro aromatico, invisibile legame: non è cosa buona e giusta, per una donna della sua classe.
Uso Giulia come pretesto, mentre trascino la mia custodia con il mio amato basso a riposare.
C’è un po’ di tensione tra noi, il concerto non è andato come volevamo.

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Ospiti al “Nibada”, clamorosa location per la live music milanese poco distante dalla Darsena, non siamo mai riusciti a trovare il groove giusto.
Giulia non ha cantato come suo solito, ovvero un’Aretha Franklin nata alla Mangiagalli.
E Riccardo, ultimo in ordine di tempo ad essersi preso una cotta, è stato male per Lei.
Non un affarone, se è leader e “guida” del tuo ritmo con la sua batteria.
Le parole sono volate senza filtri nel dietro le quinte. Cose che non si dovrebbero mai dire ad un fratello.
“Miei cari, la felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno” avevo detto in tempi più sereni.
Ho ordinato del whisky per placare gli animi: il profumo che ne è uscito ci ha ricordato lontanamente il nostro legame. Ma la formula magica, sprigionata nell’etere dai nostri movimenti bruschi, mi è sembrata ancora lontana.

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Perlomeno, quella ventata inebriante dal vago sapore di mirra e Fernet mi ha portato alla mente i giorni di Gloria, su quelle stesse strade. Il duetto da pelle d’oca di Giulia e i suoi ululati con la chitarra di Vitto alla “Birreria Bonaventura”. La prolungata standing ovation a “La Salumeria della Musica”, giusto poco più in giù, verso Viale Ortles, quando un Ricky non ancora innamorato aveva picchiato i suoi tamburi in assoli da far esplodere il cuore. “Se invece di buttarle via si leggessero qualche volta le carte dei cioccolatini, si eviterebbero molte illusioni.” ci aveva detto uscendo…ironico, a ripensarlo ora.
In Piazza XXIV Maggio – con la mente che corre ai bei vecchi tempi de “La Buca” in Via San Vincenzo – chiamo un taxi. Conosco un posto che può riallineare le nostre essenze: dico ME Milan Il Duca, grazie”. E sorrido, fiducioso.

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In quindici minuti che sembrano durare un secolo arriviamo in uno dei posti più taumaturgici che conosca, in questa città che di notte sembra essere preda della tromba di Miles Davis.
Entriamo dall’ingresso principale, i miei compagni sono perplessi. E non si parlano.
Ma l’eleganza del design del “ME” sembra iniziare a sedurli: saliamo le scale a ricciolo, apriamo la porta a vetro e “STK MILAN” – una delle steakhouse più affascinanti di Milano – si apre davanti a noi.
Ci portano in un tavolo separato dagli altri. Intimo, le luci soffuse. Meglio, gli sguardi irritati si scorgono solo nei bagliori delle candele.
Al resto ci pensano la carne deliziosa e le strepitose bottiglie di rosso.

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Giulia, l’unica apparentemente non irritata, ci osserva con amore. Sa delle nostre cotte per Lei. Impossibile tenere il broncio in un’atmosfera simile, e le prime battute tra Vittorio e Riccardo stemperano gli animi, riavvicinandoci.
La cena è straordinaria, una festa per i muscoli e per il cuore, mentre la chitarra acustica di sottofondo sembra cucita su misura per rilassare i nostri nervi.
La fragranza della nostra amicizia torna a farsi viva, pure Giulia se n’è accorta!
Manca solo un elemento. Chimico, intangibile, fatato.

E poi…voilà! Da dietro il bancone il bartender si muove con un vassoio.
Sopra quattro cocktail, tutti uguali. Divertenti, pittoreschi, originali. Ci sono persino dei dollari sorretti sui bordi, a corredo.
Il loro creatore si presenta: “Marco Dognini, il piacere è tutto mio.”
“Vi ho visti un po’ silenziosi, da laggiù. Quando sono qui – con questo sapore attorno – e mi voglio tirar su, mi preparo un #58. Un cocktail speciale. Mi sono permesso di dedicarvelo, sperando possa avere su di Voi lo stesso effetto.”

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Ci guardiamo stupiti ma contenti. La sorpresa è decisamente gradita, e Vittorio vuole addirittura brindare. Il miracolo è completo, ed ora la miscela che avvertiamo nelle papille gustative e su su su fino alle narici e al cervello è completa.
Il Numero 58, quindi. E il cerchio sembra chiuso.
Ringraziamo di cuore Marco dopo la bevuta, chiedendogli i segreti di tale incantesimo.
Lui ci guarda, ma non dice nulla. Solo un “5″ e un “8″ con le mani, prima di svanire nella penombra.
Le emozioni sono forti, vogliamo rimanere in un posto che è già riuscito a darci così tanto.

Prenotiamo la suite #58, naturalmente.
Abbracciati, con Giulia ad intonare un vecchio canto popolare francese, andiamo nella nostra camera.
Perfetta, con un misto di grigi e beige, pare quasi invitare a coricarci nel matrimoniale.
Li abbraccio forte, tutti insieme, i livori svaniti nel nulla.
È rimasta solo quella scia nell’aria, e un lampo di felicità mi fa tremare e mi ridà forza.
Alcuni la chiamano Vita.
Noi, semplicemente, Amicizia.

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“Fabi Essence #58 – WAYS AND MEANS”
 narrated by Michele Pettene

Quotes from “8 1/2″ di Federico Fellini