Costante Girardengo e il bandito che voleva pedalare come lui

Vai Girardengo, vai grande campione
nessuno ti segue su quello stradone
Vai Girardengo, non si vede più Sante
è dietro a quella curva, è sempre più distante.
["Il bandito e il campione" - Francesco de Gregori, 1993]

Si sente dire spesso che per ogni campione sportivo che ce l’ha fatta ne esistono altri cento, mille, che per i più svariati motivi non sono riusciti a raggiungere gli stessi traguardi.
Stesso talento magari, ma meno forza di volontà, o meno tenuta mentale. Nessun fuoco sacro, dentro. Meno fame.
Ecco, se dovessimo dare ascolto alle leggende che dai primi anni del Novecento si tramandano nelle province piemontesi, potremmo dire che c’è stato un caso in cui un campione – tra i più grandi di sempre della nostra nazione – ha avuto un amico che avrebbe potuto dargli del grosso filo da torcere.

Ma che, a differenza delle altre decine di incompiuti, un po’ per scelta un po’ per destino ha scelto di diventare un “campione” in uno “sport” un po’ meno seguito e apprezzato, il crimine.

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Una storia, quella del fenomeno del ciclismo di Novi Ligure – Costante Girardengo – e del suo amicone bandito Sante Pollastri, che ha ispirato addirittura De Gregori e un suo intero album nel 1993, oltre che una fiction Rai (vabbè…) nel 2010.
Una storia che è diventata, grazie all’assenza dei media rapaci odierni e di tecniche di comunicazione ben più lente di un blog, un mito incastonato tra un’Italia unita ancora giovane e una narrazione epica da legare ai primi grandi eroi del nuovo secolo sportivo tricolore.

Ma le leggende, si sa, sono fatte per essere smentite, pur conservando un fondo di affascinante verità.
Quello che sappiamo è che Sante è nato sei anni dopo Costante: 1899 contro 1893.
Cresciuti grossomodo nello stesso quartiere di Novi Ligure, provincia di Alessandria, è assodato che entrambi fossero poveri come la maggior parte dei loro connazionali, forse pure più della media, già drammaticamente alta durante l’ingresso nel Secolo Breve.

Compagni di scorrazzate in bicicletta durante l’infanzia per dimenticare le proprie misere condizioni e pure la fame malefica, i due prendono presto strade differenti, nonostante il desiderio atroce di sconfiggere la povertà sia vivo in entrambi: Girardengo a 19 anni è già professionista, Pollastri lo segue con orgoglio e desiderio di emulazione ma nel 1918 ha già la vita segnata dal rancore verso polizia, società, Carabinieri. Dicono che un membro dell’Arma gli abbia ucciso un parente, o stuprato la sorellina: le versioni non coincidono, la leggenda è appunto una leggenda, ma il risultato è purtroppo certificato. Quel rancore si è già tramutato in una ribellione più oscura, la criminalità.

Costante Girardengo sfreccia intanto sulle strade d’Italia: domina due Giri, distrugge la concorrenza nella Milano-Sanremo, la sua preferita con ben sei vittorie, fa incetta di campionati italiani di ciclismo su strada, addirittura arriva secondo ai Mondiali in Germania nel 1927. Diventa il primo vero Campionissimo nella storia del nostro ciclismo, un talento naturale, puro, con quel piedino rapido e fluido fisso sui pedali, da mattina a sera, di vittoria in vittoria.
Una leggenda vera, ammirata e ispiratrice, che tanto avremmo voluto vedere con le nostre sneakers Jesse ai piedi, a volare come il vento sul cemento e in giro per il Bel Paese.

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Nulla a che vedere però con le “fughe” di cui è già diventato maestro Sante, il feroce Sante. Il generoso Sante.
Introvabile, inafferrabile, odiato dalle forze dell’ordine di Italia e Francia, amato dagli anarchici e dai poveracci come lui cui – si dice- regali parti delle refurtive, il bandito autore di rapine e omicidi che accrescono la sua nomea in tutta Italia proprio come l’amico Costante, è campione indiscusso di “volate” cui Girardengo non ha mai dovuto partecipare, fortunatamente.

I giornali lo chiamano “Nemico Pubblico Numero Uno”, nientemeno.

Perso di vista per ovvi motivi, Costante – che in cuor suo conserva il ricordo di un ragazzo figlio delle stesse misere condizioni – rincontrerà Sante a Parigi nel 1927, quando la Gloria sportiva è ormai alle spalle e i 40 anni alle porte. Pollastri, braccato dai gendarmi, tramite il massaggiatore di Girardengo amico comune ottiene un incontro con il ciclista durante la Sei Giorni parigina: felice nonostante tutto, Sante riabbraccerà colui che aveva lanciato “la fuga” da Novi Ligure e dagli stenti in tenera età, salutandolo e dandogli appuntamento nella terra natìa, ora che entrambi ce l’hanno fatta.

E Girardengo? Impaurito da un potenziale scandalo e fatte sue le confidenze del criminale, pensò giustamente di denunciarlo subito, testimoniando al suo processo dopo l’arresto avvenuto proprio nella Ville Lumiere. Sante si prese l’ergastolo, mentre Costante finì nel 1936 la propria incredibile carriera, diventando allenatore, testimonial, simbolo assoluto di un nuovo sport fatto di superuomini…e chissà, forse pure di banditi.

Due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta
un’unica passione per la bicicletta
un incrocio di destini in una strana storia
di cui nei giorni nostri si è persa la memoria
["Il bandito e il campione" - Francesco de Gregori, 1993]