“Un tempo, quando uno aveva un segreto da nascondere, andava in un bosco. Faceva un buco in un tronco e sussurrava lì il suo segreto. Poi richiudeva il buco con del fango, così il segreto sarebbe rimasto sigillato per l’eternità”

21 Giugno 2017, un Mercoledì sera 

Suite #73 – Hotel ME Milan Il Duca, piazza della Repubblica 13

Uhmmm…Profumo di Gelsomino?
Lo avverto nitidamente, ma non ne capisco l’origine.
Chiudo gli occhi, gli altri sensi diventano più acuti.
Ma è un errore, perchè mi viene subito in mente Lei.

“I ricordi sono sempre bagnati di lacrime” diceva il mio amico Tony. Aveva ragione.

Li riapro. Sono ancora vivo, in piedi.
Esco e seguo la scia del profumo, sembra essersi fuso con quello di una rosa. Ma sta svanendo.
Per strada, sui marciapiedi, lo perdo completamente e la sensazione di smarrimento mi risveglia.

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Vogliate scusarmi, ancora non mi sono presentato: Filippo Tommaso Marinetti, non quel Marinetti ma quasi. Il piacere è tutto mio.
Con Milano ho un rapporto particolare, d’amore e repulsione, ma oggi gli astri mi sono favorevoli.
Complice il tramonto, suppongo.
Alzo gli occhi verso la skyline di Porta Nuova: ai miei compari del Manifesto futurista sarebbe piaciuta molto questa città nel 2017.
Siamo pur sempre gli stessi che hanno affermato orgogliosi “Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia!”

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Ancora quel profumo. Mi immergo nel quartiere Isola per togliermelo di testa, e per un po’ il tentativo riesce.
Amo alla follia questa zona, le vibrazioni che trasmette.
D’inverno il Blue Note poco distante è il classico luogo senza tempo dove m’immergo scomparendo dal Presente, rigenerandomi nelle improvvisazioni dei quartetti jazz.
D’estate Via Borsieri e le altre stradine s’infiammano, come una Siviglia settembrina, tra locali con musica dal vivo che ti stravolge il ritmo dei passi e giovani di mezz’Europa uniti dall’affetto per la vita, il dialogo, la condivisione di pensieri e passioni.
Era da queste parti che l’avevo conosciuta, non troppo distante dal Deus Café.
Le mie gambe mi hanno ricondotto esattamente allo stesso angolo di strada.

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Lei non  c’è, ma ne avverto la presenza quando una folata di vento caldo – che si è fatto strada tra quella meraviglie architettoniche chiamate Bosco Verticale - mi riporta sotto le narici gli odori che mi avevano catturato. Proprio me, animale indomabile abituato ad una vita da seduttore, il re delle avventure di una notte.
Avevo imparato ad apprezzare il valore delle cose effimere come mi aveva insegnato il mio mentore Wong Kar Wai, e poi le avevo dimenticate solo per poterLe piacere.
Mi giro, vagabondo a vuoto. Quell’aroma agrumato, arance, limoni, felicità, pompelmo…ah, come ritrovarlo?
“Seguimi, ti aiuto io.”
Mi sento stringere la mano destra, ma la luce degli ultimi raggi solari filtrati dalla guglia del grattacielo Unicredit mi scherma la vista.
So che è Lei, ma non la posso riconoscere.

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Camminiamo, corriamo anzi, fino a Via Marco Polo, davanti a quella maestosa opera d’arte d’altri tempi del Mastro Architetto Aldo Rossi, un buon amico dalla mente geniale: ancora l’Hotel ME Milan Il Duca. La mia lingua è bloccata, non pronuncia parole. Ma sento il cuore palpitare forte in gola.
Continuo a seguirLa, fidandomi.
Saliamo, dall’ingresso privato del Radio Rooftop Milan, al decimo piano.
Ancora non capisco, sono disarmato, io il difensore supremo dell’atteggiamento aggressivo, della bellezza della velocità.
Mi fa sedere sulla terrazza, dice che si assenterà. Poi, come la peonia si tende verso il cielo, si alza e si allontana senza dare risposta.
Per un attimo riesco a perdermi nel sublime paesaggio milanese, mentre una figura elegante, dietro al bancone della lounge, parla con Lei.
Lui, il famigerato bartender del Radio Rooftop Milan Marco Dognini, Lei. Ed Io.
Parlottano concentrati, Marco ha annuito e con movimenti decisi ma delicati si è messo all’opera, impeccabile in quel suo stile raffinato ma misurato, libero.
Mi volto verso Porta Nuova, attendo qualcosa che non so. Attorno a me tutti sembrano ignari della mia tempesta interiore, si godono il momento, la vista, la compagnia, il luogo. Una pace che fatico a trovare.

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Quando mi rigiro Lei è, seduta di fronte a me.
Mi porge un cocktail di Marco, mentre lei solleva il suo. Il “Numero 73″.
Brindiamo, senza dire una parola, senza dire a chi o a cosa.
La guardo negli occhi, è rilassata, sorridente.
Quando si sistema i capelli dietro le spalle, spostando un’invisibile frammento d’aria, il suo profumo torna ad avvolgermi completamente, come la prima volta.
Ancora quella rosa, il ribes, la sensazione agrodolce.
In lontananza scorgo Marco, incrocio il suo sguardo.
Sorseggio il bicchiere, i sapori del suo capolavoro liquido ripercorrono la strada delle mie emozioni, fondendosi con il Suo profumo.
Poso il cocktail.
Finché non si rinuncia si può sempre sperare.

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“Fabi Essence #73 – EVER AND ALWAYS” narrated by Michele Pettene

Quotes from “2046″ by Wong Kar Wai