16750-news-blair-underwood

Visto ora, nel 2017, se sei nato a Washington (lo stato non la città, ma sorvoliamo…) e tuo padre si chiama Frank Underwood (nome noto ai fan delle serie Tv come protagonista di “House of Cards” ed interpretato da un memorabile Kevin Spacey) in un modo o nell’altro eri destinato a lasciare un segno nel grande universo della tv e del grande schermo. E Blair Underwood un segno l’ha lasciato eccome, sin dal primo ciak.

Passare negli anni Settanta dalle terre selvagge dell’Ovest più fresco ed affascinante dove Blair è nato (Tacoma), a quelle di uno degli stati più storici e segregazionisti della confederazione degli Stati Uniti d’America, la Virginia sulla East Coast, non deve essere stato facile per un ragazzo d’origine afroamericana e per la sua famiglia.

Ma fortunatamente per il giovanotto la sua infanzia diventò ben presto diversa da quella dei suoi coetanei: figlio di una decoratrice d’interni e di un colonnello dell’esercito degli Stati Uniti, il giovane Blair fu costretto a dividersi tra le basi militari dove paparino era di stanza e Stoccarda, in Germania, sempre a causa degli impegni con l’esercito.

Un continuo cambiamento che tenne lontano Blair Underwood dalle problematiche tipiche dei ragazzi di colore in una zona degli States dove il razzismo continuava a serpeggiare, seppur sotteraneo. E uno sguardo più ampio verso il mondo che accelerò un talento innato, bisognoso solo di essere spinto nella giusta direzione. Una spinta che arrivò subito dopo il liceo, con l’iscrizione alla “Carnegie Mellon School of Drama” di Pittsburgh, in Pennsylvania, già da tempo una delle migliori scuole in assoluto del Paese per chi volesse imparare a recitare al più alto livello possibile.

A nomi come George A. Romero, Zachary Quinto ed Ethan Hawke si aggiunse quindi quello di “Blair Underwood” all’inizio degli Eighties: nemmeno il tempo di terminare l’ultimo corso e nel 1985, a soli 21 anni, è già tempo di esordire sul grande schermo da protagonista con “Krush Groove”, un film a NYC con i Run-DMC e Blair nella parte del manager di una casa discografica.

Nonostante l’inesperienza Blair va alla grande, e le porte dello show-biz si aprono, seppur non spalancandosi. Inizia la gavetta classica di un attore ben lontano dagli stereotipi di figlio di papà, con apparizioni in soap operas, spettacoli teatrali, ruoli secondari in lungometraggi e numerose serie televisive.

La sua passionalità e il suo modo di recitare sempre intenso e sincero conquistano gradualmente il pubblico americano, fino alla vera esplosione con la serie “L.A. Law”, dove da attore non protagonista conquista la sua prima nomination della carriera, ai Golden Globe del 1991. Pochi mesi dopo invece è già tempo di alzare il primo premio ufficiale, quello di miglior attore per una serie televisiva (“Murder in Mississippi”) per un attore di colore: Blair Underwood decolla, sia nella vita professionale che in quella privata, dopo aver sposato nel 1994 l’amata Desiree DaCosta che gli regalerà tre figli, Paris, Brielle e Blake.

BlairUnderwoodJetcvr

I Nineties scorrono alla velocità della luce, Blair riesce a destreggiarsi con successo in ruoli agli antipodi, dimostrando sempre enorme flessibilità e fantastica caratterizzazione dei personaggi, da “Gattaca” (1997) e “Deep Impact” (1998) a serie come “City of Angels” e “Sex and the City”, passando per “In Treatment”, “Dirty Sexy Money” e l’ultima in ordine cronologico, “Quantico”. Non esiste parte che non sappia recitare, dal poliziotto in carrozzina (“Ironside” – 2013) al Gesù nero di “The Second Coming” (1992), un progetto di cui è stato anche regista. Ma il suo orgoglio e il suo senso di appartenenza alla comunità afroamericana lo spingeranno a portare le sue energie anche al di là dello schermo.

Coinvolto sin dai primi anni Novanta in associazioni a sostegno della distrofia muscolare e dei malati di AIDS, Blair Underwood ha raggiunto infatti uno dei successi più significativi della sua vita con la fondazione della AHF Blair Underwood Clinic, una struttura tra le più avanzate per le cure contro il virus HIV nella città di Washington.

La stessa città che per otto anni è stata casa di una delle persone più ammirate da Blair, l’ormai ex presidente Barack Obama che Underwood aveva esplicitamente sostenuto durante le campagne elettorali, ma che aveva conosciuto addirittura ai tempi di “L.A. Law” mentre faceva delle ricerche all’Università di Harvard, mentre Obama dirigeva il giornale legale locale: nell’Agosto del 2010 il JET Magazine mise proprio Blair in giacca e cravatta sulla sua copertina, titolando “Your Next President?”. Non stavano facendo sul serio, bensì promuovendo la serie Tv “The Event” dove Blair sarebbe stato il protagonista, ma per un attimo il ragazzo di Tacoma deve aver sognato ad occhi aperti.

19021613_10154877986278335_851307294_n

Michele Pettene