In tutta Italia dal 1998 esistono i Presidi Slow Food e le Marche ne contano ben sei. Il progetto, oggi seguito da migliaia di persone, è nato per preservare razze animali, specie vegetali, prodotti quali i formaggi, il pane e i salumi a rischio di estinzione a causa delle tecniche di agricoltura, industria alimentare e commercio di tipo massivo. Tra i Presidi Slow Food nelle Marche va ricordato quello della Cicerchia di Serra Dei Conti (AN), borgo medievale che custodisce da secoli questo legume legato ad un’antichissima tradizione alimentare contadina. Questo legume, notoriamente considerato povero, viene celebrato con la Festa della Cicerchia come elemento fondamentale che per secoli ha fatto parte della cultura alimentare della zona: si riscoprono i sapori della memoria che così vengono mantenuti vivi, si promuovono i prodotti tipici di qualità e si salvaguardano dall’estinzione realtà produttive minori.
Un altro presidio è quello del Lonzino di fico, un dolce tipico della provincia di Ancona composto da fichi essiccati, amalgamati agli altri ingredienti della tradizione povera contadina: mandorle, piccoli pezzi di noce e semi di anice stellato. Nella stessa provincia, va menzionato il Mosciolo Selvatico di Portonovo che ha permesso di tutelare nel tratto di costa che va da Pietralacroce fino a Sirolo e Numana, una particolare tipologia di cozze, minacciata negli anni Settanta dalla pesca selvaggia. Sui Monti Sibillini invece, si trovano oggi le Mele Rosa, una varietà tradizionale di tutta l’area pedemontana dell’Italia centrale che in origine costituiva parte del frutteto familiare, custodito gelosamente dagli abitanti della zona e il Pecorino dei Monti Sibillini che conserva le tradizioni della civiltà pastorale. Vasta è infatti la gamma dei pecorini che caratterizzano tutte le zone montane. Nei pecorini di montagna il caglio viene aromatizzato con maggiorana, serpillo, germogli di rovo, chiodi di garofano, noce moscata, pepe, olio, rosso d’uovo e pecorino grattugiato. L’impasto viene poi sciolto nel latte e, con il calore del fuoco, ne nasce una pasta compatta e paglierina da consumarsi fresca e stagionata. Nel nord della regione è possibile trovare ancora il pecorino conservato in botti di rovere, dove viene lasciato per tre mesi e avvolto in foglie di noce o, in alternativa, disposto a strati insieme ad erbe aromatiche o vinacce. Sempre nell’entroterra, il Salame di Fabriano è conosciuto in tutto il mondo, citato persino da Giuseppe Garibaldi in una lettera manoscritta e dallo storico Oreste Marcovaldi nel 1877, che descrive come questo salame sia ottenuto con un procedimento particolare, ovvero macinando la parte più pregiata del maiale: il prosciutto. Insomma, un salame nobile che è un elemento importante per l’identità del paese, Fabriano (AN), da sempre attento alle proprie tradizioni. Questa città infatti, dedica al prodotto di punta la Sagra del Salame, che si tiene ogni anno a dicembre e alla manifestazione prendono parte produttori associati del Consorzio del Salame di Fabriano; inoltre sono presenti produttori artigiani e piccole realtà commerciali accuratamente selezionate da Slow Food su tutto il territorio nazionale.