Mio padre, Flaminio Fabi, era nato a Montegranaro il 16 gennaio 1906, mia madre, Gentilina Contenti, era nata sempre a Montegranaro il 9 maggio 1909. I miei genitori si sono sposati nel 1929, l’anno della grande neve e della depressione. Entrambi erano contadini, ma mio padre era a mezzadria e ci è rimasto fino al 1956, anno della sua morte; mia madre invece era una coltivatrice diretta e c’era una notevole differenza: mentre mia madre aveva un piccolo podere di proprietà di famiglia, mio padre coltivava una terra non sua e aveva un padrone, un certo Sor Mario Botti di Monte San Giusto. La terra di questo signore l’abbiamo comprata noi nel 2000 per costruire la fabbrica dove siamo ora.


ELISIO-FABI-(Bn)
Pensate un po’ come gira il mondo, chi poteva immaginare alla morte di mio padre che dopo cinquantaquattro anni, avremmo comprato un terreno di Sor Mario Botti? Nessuno, era assolutamente impensabile. Questo mi fa dire che nella vita non bisogna arrendersi mai; si deve lavorare sempre e credere in ciò che si fa…..

Fin da piccolissimo, ricordo che si mangiava quello che la terra produceva, al mattino polenta o polentone, a pranzo fagioli o ceci e alla sera erbe cotte con un po’ di lardo; la cosa importante, però era che prima di consumare questa poverissima cena, bisognava recitare il rosario. Ancora oggi ricordo quella volta che mio padre Flaminio non finiva mai di pregare ed io, che quella sera avevo tanta fame, protestai. Papà, che era in ginocchio, si alzò e mi bastonò di santa ragione, avrò avuto circa sei anni.

Quella sera non l’ho mai dimenticata, perché né mia madre, né i miei fratelli più grandi o mia nonna osarono prendere le mie difese; forse mio padre non aveva pensato che ero solo un bambino che aveva fame….

Negli anni ’50 la terra si arava con le mucche; mio padre guidava l’aratro ed era una fatica enorme tenerlo conficcato nella terra arida per tante ore al giorno. Si iniziava ad arare verso le tre del mattino e si smetteva dopo sette ore. A dieci anni io mi alzavo a quell’ora assieme a mio fratello Enrico, a mia sorella Viola e a mia mamma. Come tutti i bambini di dieci anni che vengono svegliati presto, anch’io mi lamentavo e mia madre mi diceva: “Cocco mio, non sei nato dal ventre di una signora, ma dalla pancia di una donna povera, perciò ti devi alzare e andare ad aiutare tuo padre.” Così era la vita.