Mi chiedono di raccontare le Marche e, possibilmente, di dare voce a quegli eroi della quotidianità che hanno fatto e stanno facendo grande questa terra.

E io mi sforzo di incrociarli, questi eroi. Ad ogni passo, anche il più piccolo. Sono tante le storie che ho raccolto in questi anni e che avrò modo di far respirare qui. E tante quelle che mi sono state accennate, lungo strade ancora sconosciute.

Poi, però, ci sono quelle giornate in cui ti metti alla ricerca soltanto di te stesso. E per riposarti – sì, per riposarti! – ti catapulti fuori dal letto di mattina presto, scegliendo l’ovest come direzione. Lì, dove tra le montagne dell’Appennino si nascondono gemme inestimabili.

Processed with VSCO with f2 preset

Riposarsi, infatti, per chi vi scrive significa soprattutto osservare, frugare tra i colori, rimanere in silenzio al centro di un sentiero. Così, nei primi giorni di marzo, attraverso Fiegni, una frazione di Fiastra, nel Maceratese. Poco sopra il lago artificiale alimentato dal fiume Fiastrone, dal belvedere della Ruffella indosso i miei scarponi e inizio a scendere verso uno dei punti più incantevoli dei Sibillini.

Processed with VSCO with f2 preset

Lo strepitio dei sassi che si mescola al vento di fine inverno. Il profilo della diga sul lato destro, accarezzato dall’ondulazione dell’acqua. Gli alberi che si fanno tetto. La pendenza che piega le gambe, ma non il desiderio. Una Fiat Panda al margine. Il bianco e il rosso che ti spingono, incrocio dopo incrocio.

Processed with VSCO with f2 preset

A mezz’ora dalla meta, però, quel saluto rimette tutto in discussione. E prende forma quell’eroe a cui non avrei mai pensato di stringere la mano.

“Sto tagliando la legna per casa, per il mio focolare, anche se quest’anno ci ha mandato via il terremoto”. Mario, che di anni ne ha “parecchi, più di 70”, abitava proprio a Fiegni prima che le scosse di ottobre gli lesionassero la casa, mentre lui era fuori in giardino, con le piante che si toccavano e le colonne dei cancelli che sembravano spostarsi. “Ballavi sotto e te sgrullava sopra, una cosa incredibile! Adesso sto a Polverina, mia figlia è sposata laggiù e io vengo qui perché l’aria di montagna fa sempre bene”. Ha tantissima terra, Mario, e altrettanti ettari di bosco. Sale per tagliare minuziosamente il legname, ma sempre con una certezza: “a mezzogiorno vado a casa, mi cambio e faccio un bel pranzo”.

Processed with VSCO with f2 preset

Ed è sempre lui che dopo essersi tolto il guanto da lavoro, avermi stretto la mano e asciugato quella lacrima tra le sue profonde rughe, mentre provo a riprendere il ritmo tra pietre e arbusti mi grida: “bisogna riposarsi ogni tanto, nella vita”. Già, il riposo, quella sensazione alla quale entrambi diamo, senza conoscerci, lo stesso significato. E che ti spinge ad arrivare, nel mezzo della settimana, lasciando i tuoi appunti alle spalle, davanti alla fragile maestosità delle Lame Rosse. E lì cambiano i suoni, con la mole di ghiaia che detta ritmo e tempo. Il fenomeno erosivo (e anche il sisma) trasforma stagione dopo stagione questa porzione dai colori penetranti, senza però mutarne il fascino e quel magnetismo unico. Rimango diversi minuti ad coglierne i riflessi, così come l’immobilismo della neve nascosta all’interno. Mentre si percepisce quel rotolare, continuo ed armonico, quasi come un canto.

Processed with VSCO with f2 preset

Al ritorno Mario non c’è più. E non c’è neanche la sua Panda bianca, con la quale si muove tra questi boschi per trasportare il legname. Ci sono però le cataste di rami e tronchi, tagliati perfettamente e lasciati lì per essere caricati domani. Partendo ancora da Polverina. È come se quel cumulo volesse mostrare che c’è qualcuno che, ogni volta, è costretto a piegarsi, per poi rialzarsi. Piegarsi, per poi rialzarsi. Riuscendo a trovare in questi movimenti il proprio riposo.

Processed with VSCO with f2 preset

Processed with VSCO with f2 preset

Processed with VSCO with f2 preset

ANDREA BRACONI